Il made in Italy tra gusto e qualità rimane un’eccellenza da dover promuovere, in territori come quello australiano con una imposta generale per le società del 30% (27,5% per le aziende con fatturato annuo inferiore ad AUD 50 milioni dal 2018/2019), una competitiva percentuale del GST (Goods and Services Tax) al 10% , la nostra moneta forte, e per i giovani professionisti una motivazione di crescita esponenziale, tutte le aziende che intendono fare business in questo paese, devono ottenere un Australian Business Number (ABN) ed un Tax File Number (TFN). I settori trainanti dell’economia australiana sono attualmente agricoltura, costruzioni, trasporti, real estate, ospitalità e mining, e infine le importazioni dall’Italia, Food and Beverage (pomodori, caffè, formaggi, paste alimentari, olio d’oliva) che nel 2016 sono state pari ad una quota di mercato del 4,7%. L’Australia tra l’altro è il paese ideale per poter sperimentare un sistema energetico alternativo, i suoi vasti territori, la sua ricchezza di fonti rinnovabili e il suo livello di industrializzazione, lo rendono il paese per antonomasia dal quale poter trarre tutti i benefici rinnovabili. Sono palesi anche le vulnerabilità del mercato australiano come il declino del settore manifatturiero, l’elevato costo del lavoro e la dipendenza economica dalla Cina. In Australia operano attualmente più di 180 aziende italiane e vi sono ottime prospettive di rafforzare i rapporti economico-commerciali nei settori di interesse rappresentati.
Uscire dall’ambìto nazionale/europeo non è più una scelta ma una necessità per la sopravvivenza delle nostre imprese italiane.
Perugia, 26/11/2018
Cristina Caterina Rendina Commercialista e Giornalista